giovedì 23 novembre 2006

il Nostro Gilbert beato?


Dall'Avvenire di Sabato 18 Novembre 2006
Noi abbiamo non abbiamo mai avuto dubbi...
Anche la Società Chestertoniana Italiana intende fare un passo simile a quello dell'Americana.
Pearce sta effettuando una sorta di tournee in Italia. La Società in particolare è orgogliosa di comunicare di essere coorganizzatrice dell'incontro di Torino, che si svolgerà martedì 28 Novembre 2006 alle ore 21.00 a cura degli amici del Centro Culturale Pier Giorgio Frassati.

IL CASO
Chiesto al vescovo di Northampton, in Gran Bretagna, di avviare un'indagine sulle virtù cristiane dello scrittore

Chesterton beato?

Parla Joseph Pearce, biografo di G.K.C.: «Odiò le eresie, ma amò gli eretici» «I suoi libri sono continuamente ripubblicati. È in atto un revival della sua produzione, soprattutto religiosa»

Di Lorenzo Fazzini

Chissà che un giorno anche i giallisti non abbiano anch'essi un santo protettore in Cielo. Già, perché c'è chi si augura che uno dei più grandi scrittori di romanzi investigativi possa essere elevato agli onori degli altari. E non per meriti letterari, naturalmente, ma per la sua testimonianza di fede e vita cristiana: infatti, per alcuni suoi ammiratori Gilbert Keith Chesterton - di cui quest'anno ricorrono i 60 anni dalla morte - è fortemente indiziato di santità. Tanto che Dale Ahlquist, presidente dell'American Society a lui dedicata, con sede a Minneapolis, si è già attivato presso il vescovo di Northampton, in Gran Bretagna, per avviare un'indagine preliminare per accertare la pratica delle virtù cristiane del creatore di padre Brown. Della santità di G.K.C. - come il prolifico scrittore e polemista si firmava sui quotidiani del tempo - non ha dubbi Joseph Pearce, uno dei maggiori conoscitori di Chesterton: «Credo che lui sia davvero in Paradiso e sarei oltremodo contento che una causa di beatificazione per lui avesse buon esito». Pearce è autore di una sontuosa monografia sull'autore di Un uomo chiamato Giovedì, intitolata Wisdom and Innocence, edita nel 1996, considerata da Aidan Mackey, dell'autorevole Chesterton Study Centre, «la più bella biografia» dedicata all'autore londinese da quando, nel 1944, venne pubblicato il lavoro di Maisie Ward. E di G.K.C. Pearce esalta non solo il profondo cattolicesimo di cui sono intrise le sue prove narrative o apologetiche, bensì un particolare tratto esistenziale: «Nella sua vita ha incarnato il comandamento del Signore di amare non solo i nostri vicini, ma anche i nostri nemici. Chesterton spese tutta la sua vita discutendo con i suoi "avversari" culturali, come H. G. Wells e George Bernard Shaw, ma senza diventare nemico di nessuno: con loro si confrontò sempre, ma non litigò mai. Anzi, proprio questi due intellettuali lo considerarono sempre un amico particolarmente apprezzato».
In pr atica, annota Pearce, nelle quotidiane battaglie tutte culturali che ingaggiò con Shaw, Wells e compagni, il baffuto scrittore esercitò ante litteram quella prassi che sarebbe stata così esplicitata da papa Giovanni XIII: «Condannare il peccato ma amare il peccatore». «Chesterton lo fece da vero santo», argomenta Pearce, «odiando l'eresia ma amando l'eretico. Per me egli è un esempio di santità, che cerco di imitare nella mia vita di ogni giorno». Del resto, fu proprio l'autore di Ortodossia a colpire il ventenne Pearce, allora neofascista e antipapista incallito, incarcerato per ben due volte per i suoi articoli in qualità di appartenente al movimento di estrema destra British National Front. «Mi innamorai della personalità e dello spirito di Chesterton» riconosce Pearce, oggi docente all'Ave Maria University di Naples, Florida. E da lui fu idealmente condotto ad abbracciare la fede cattolica, nel 1989: «Mi guarì in dieci anni grazie alla sua filosofia della gratitudine».
Ma anche da un punto di vista culturale l'opera e il pensiero del giallista che influenzò J.R.R. Tolkien, Evelin Waugh e C.S. Lewis, sostiene Pearce, sono da riprendere in mano: «I romanzi di Chesterton mantengono ancor oggi tutta la loro attualità rispetto alla cultura odierna. In racconti come L'uomo che si chiamava Giovedì e La sfera e la croce rivaluta l'importanza della filosofia e della teologia e, al tempo stesso, espone le conseguenze distruttive del relativismo, in tutte le forme in cui esso si presenti. In Il Napoleone di Notting Hill affronta il tema del Grande Governo e loda, per contro, il patriottismo e l'amministrazione locale. Non è un'esagerazione vedere questo libro come la parabola dei pericoli del laicismo dittatoriale di istituzioni quali l'Unione europea». Vi è una nota profetica che riguarda anche il sorgente fondamentalismo islamico: «Nel romanzo L'osteria volante c'è un'allusione al pericolo dell'influenza musulman a sulla cultura occidentale, mentre nella sua ballata Lepanto vi è un avvertimento sui pericoli dell'islamismo militante».
Del resto, secondo Pearce, la produzione di Chesterton sta godendo in questi ultimi anni una riscoperta notevole: «L'American Society a lui intitolata è quanto mai dinamica e l'annuale conferenza che essa organizza rappresenta uno dei più grandi ed appassionanti eventi letterari dedicati ad un singolo autore che ci siano al mondo. Vi è anche una serie televisiva consacrata ai personaggi di Chesterton, mentre le sue opere vengono continuamente pubblicati in nuove edizioni, ricevendo un'attenzione sempre maggiore da parte dei media. Si può dire che oggi G.K.C. sia letto più di ogni altro periodo da 70 anni in qua».
In particolare, annota lo studioso inglese, è soprattutto la produzione religiosa di Chesterton ad essere indagata più in profondità: «Ortodossia e L'uomo eterno, così come le sue stupende biografie di San Tommaso d'Aquino e San Francesco, vengono studiate con sempre maggior frequenza; anche tra i teologi e i filosofi si assiste ad un certo revival di interesse sulla sua opera. Si potrebbe quasi dire che Chesterton è risorto dai morti».

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