giovedì 24 aprile 2008

La relazione annuale del Ministro della Salute sulla legge 194 - il commento del nostro Paolo Gulisano

La relazione annuale del Ministro della Salute Livia Turco nella sua “Relazione sull’attuazione della legge 194/78” si presta ad una serie di commenti.
In primo luogo è interessante notare che esiste questa “relazione annuale d’attuazione”, prevista dalla legge stessa fin dal suo nascere, caso piuttosto raro di rendicontazione periodica dell’applicazione di una normativa (ce ne fossero di altre!), anche se la cosa sa molto di “giustificazione”, di preoccupazione di spiegare ogni anno che la legge è bella e buona e funziona bene. Invariabilmente, da trent’anni, queste relazioni sono sempre state di questo tono: va tutto bene. Anche quando il numero degli aborti praticati era di 230.000 all’anno. Sempre tutto positivo, perché l’importante- questa era la parola d’ordine- era “sconfiggere l’aborto clandestino”.

Perfino nella relazione attuale si parla di un certo numero di aborti praticati ancora “clandestinamente”, un termine questo vago, psicologicamente inquietante, che rievoca la propaganda radicale degli anni ’70 fatta da Pannella e Bonino che millantava scenari barbarici di aborti praticati con aghi da calza e dalle mitiche “mammane”.
Detto questo, entriamo nel merito della relazione illustrata da Livia Turco.
Si evidenzia che, a livelli ministeriali, ci si ostina ancora a difendere "tout court" la legge senza intendere ravvisarne la necessità di un adeguamento, che trent’anni di storia e soprattutto di progressi in campo biomedico e sul piano sociale renderebbero necessario. Posto che la tutela sociale della maternità non è affatto rispettata da questa legge, l’unico messaggio che si cerca di far passare è che “gli aborti sono diminuiti”. Questo è vero, in termini aritmetici, perché siamo passati dai 200.000 dei primi anni (con un picco di 234.000 nel 1982) agli attuali 127.000. Tuttavia si deve tener conto del crollo demografico degli ultimi anni, per cui si è passati da 700.000 nascite all’anno di trent’anni fa alle attuali 500.000. Se dunque conteggiamo la totalità delle gravidanze, si deve parlare di una proporzione ancora molto preoccupante: su 630.000 gravidanze circa che si verificano annualmente circa il 20% (venti per cento!) esitano in un aborto procurato. E’ un numero alto, è un numero preoccupante: una donna su cinque che resta incinta decide (o le viene fatto decidere) di sopprimere il feto. Inoltre, nel computo numerico che tanto rassicura il ministro, bisogna aggiungere l’attuale migliaio di aborti chimici, praticati cioè con la pillola RU486, nelle poche regioni dove è già in uso, mentre non conosciamo il numero di casi in cui si è usata la “pillola del giorno dopo”.

Appare dunque decisamente fuori luogo l’ottimismo del Ministro, perchè 130.000 morti all’anno, e altrettante donne nel cui animo e nel cui corpo resterà una profonda ferita, è un numero impressionante.
Ciò che invece manca assolutamente nella relazione è un’analisi delle cause che portano all’aborto, che invece noi operatori del volontariato conosciamo bene: In Italia la maggior parte delle interruzioni di gravidanza sono dovute a motivazioni di controllo delle nascite, proprio perché la Legge 194 stessa ha reso possibile per legge di usare l'aborto come strumento per il controllo delle nascite, a mò di ulteriore mezzo di contraccezione. E non si venga a dire che non c’è sufficiente informazione sui mezzi contraccettivi: ormai da anni le ASL e la scuola pubblica, oltre che i media, bombardano adolescenti e non solo con informazioni in merito. Ma quando il contraccettivo non funziona? Niente paura: c’è l’aborto.
In secondo luogo c’è l’intento eugenetico: la Legge 194 ha diffuso nella società la mentalità della opportuna soppressione di una vita umana già iniziata quando questa presenti alterazioni genetiche difformi dallo stato fisiologico e di benessere della persona umana.
Si nega dignità a questi esseri umani, che vengono soppressi. E’ giusto questo? La Turco non ce lo dice. Esprime però, nella sua relazione, una sottile preoccupazione, che sembra implicitamente “richiedere provvedimenti”: troppi medici obiettori.
Questo è invece uno degli aspetti più positivi e sorprendenti della situazione oggi nel nostro Paese: nonostante tutta la mentalità dominante favorevole all’aborto, nonostante che dalle università escano professionisti che non hanno ricevuto una specifica formazione di tipo bioetico, nonostante le pressioni culturali e politiche, tra i medici e gli infermieri cresce una sensibilità favorevole alla vita, nettamente favorevole. Ciò rappresenta una nettissima cesura con quella parte largamente minoritaria ma ideologicamente aggressiva (e ben sponsorizzata) della Federazione degli Ordini dei Medici che pochi mesi orsono divulgò un documento dove si affermava che la classe medica sarebbe orientata favorevolmente verso la 194 e le sue applicazioni. Una bella, clamorosa smentita di fatto che la Turco (e l’Ordine) sembrano avere ignorato. Questo dato, che andrebbe ulteriormente implementato, ci incoraggia a continuare a diffondere nella società in generale, e trai professionisti della Sanità, una cultura della vita, del rispetto della vita, dai bambini agli anziani ai malati gravi. Sarebbe bello rendere la 194 una legge “virtuale”, perché nessuno la applica. Se i soldati tedeschi si fossero rifiutati di mettere gli ebrei nei forni crematori, non ci sarebbe mai stato l’olocausto, no?
L’obiezione di coscienza, e qui bisogna sottolinearlo con forza, a fronte di certi messaggi criptati giunti dalla Turco e da certi ambienti ideologici, non si tocca. Lo ha ricordato anche uno dei politici da sempre più schierato sul fronte per la vita: Luca Volontè, Presidente dei Deputati UDC: il diritto dei sanitari di rifiutarsi di uccidere è sacrosanto e va rispettato.
Ma dice la Turco che c'è anche l'istanza della libertà della donna…Ma è vera libertà? In realtà per la donna l'aborto è una sofferenza e una sconfitta della sua maternità. Chi aiuta la libertà della donna ad accogliere liberamente e responsabilmente la vita del figlio, lavora anche e prima di tutto a vantaggio del bene della donna.
Perché la libertà vera è quella che rispetta il bene di tutti, adulti e nascituri.

Paolo Gulisano,
medico epidemiologo, presidente Centro Aiuto alla Vita Lecco

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