lunedì 13 ottobre 2008

Roberto Persico recensisce L'Uomo Eterno su il Foglio

Da Il Foglio dell'11 Ottobre 2008

Diavolo d’un Chesterton. Gli capita di imbattersi in una frase di Tommaso d’Aquino, spedisce la segretaria a prendere nella più vicina biblioteca tutti gli scritti che trova, e mentre le detta i pezzi per i vari giornali con cui collabora – è noto che spesso lavorava a due cose contemporaneamente, una battendola a macchina lui stesso e una dettandola alla fedelissima Dorothy – butta giù un saggio, da poco tra l’altro tornato nelle librerie italiane dopo una lunga assenza, che il grande medievista Étienne Gilson giudicherà il miglior studio mai dedicato all’A-quinate. Una catena di scandali scuote il mondo politico inglese e lui scrive “L’utopia degli usurai”, un atto d’accusa ai mali del capitalismo da ridurre le critiche marxiste a blande ramanzine. E quando gli passa per le mani un libro di Herbert G. Wells che si propone di leggere in chiave evoluzionistica l’intera storia dell’umanità, non ci pensa su due volte e si butta sul medesimo soggetto, divertendosi naturalmente come un matto a ribaltarne presupposti e prospettiva. Nasce così “L’uomo eterno”, anch’esso riproposto inItalia dopo oltre mezzo secolo, in questasorta di Chesterton-renaissance che, complice lo scadere dei diritti, sta riportandosugli scaffali nostrani non pochi testi datempo irreperibili. “C’è qualche cosa di piano, di blando edi graduale attorno alla parola e anche at-torno all’idea” di evoluzione. “In realtà questa idea di qualche cosa di lento e graduale come l’ascesa di un declivio è illusoria. Illusoria quanto illogica; perché lalentezza non risolve affatto la questione.Che un evento sia intrinsecamente intelligibile o inintelligibile non dipende dalla velocità con cui si produce”. A guardar con semplicità – “e per semplicità non intendo stupidità, ma una specie di lucidità che afferra le cose, cioè la vita, piuttostoche le chiacchiere come la parola evoluzione” – uno constata che “non era, e fu: qualche cosa accadde, e ha tutta l’appa-renza di una transazione fuori dal tempo”. E’ inutile che i paleontologi immagi-nino una non documentata transizionedalla scimmia all’uomo: tutto quel che vediamo è che, di schianto, gli uomini hanno il senso del bello, e dipingono Lascaux. E’ pura proiezione di un pregiudizio ipotizzare uno sviluppo delle forme socialida una tirannide originaria alla democrazia; al contrario, quel poco che sappiamodocumenta l’opposto: “Il dispotismo può essere uno sviluppo, spesso un tardo sviluppo, più spesso la fine di società cheavevano avuto un inizio largamente democratico”. Lo stesso vale per la religione,non si può spiegarne l’origine, come fa Wells, a partire da antichi riti di fertilità o dai sogni: “I poemi non esistevano pri-ma dei poeti. La poesia non nacque dalleforme poetiche. Non si può dire che laprima apparizione di una cosa sia spiega-ta adeguatamente dal fatto che esistevagià. Allo stesso modo non possiamo direche la religione nacque dalle forme reli-giose, perché ciò equivale a dire che nacque quando già esisteva. Occorreva piuttosto una particolare forma mentale pertrovare qualcosa di mistico nei sogni enella morte, come per trovare qualcosa dipoetico nell’allodola o nella primavera. Questa forma mentale è quel che chiamiamo lo spirito umano, che è sempre esistito da che mondo è mondo”. Un solo altro evento può paragonarsi alla “brusca transizione dall’animale all’uomo”: l’altrettanto “brusca transizione dal paganesimo al cristianesimo”. Su cui pure GKC lancia il suo sguardo fanciul-lesco, e riesce nell’impresa di mostrarlocome lo si vedesse per la prima volta: “E’ una delle tante storie, con questo di più, che è una storia vera. Esso apre a noinon soltanto incredibili cieli, ma una terra (può sembrare) ugualmente incredibile, e la fa credibile”.

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