martedì 21 luglio 2009

Chesterton e Citati - Antonio Socci rende giustizia a Chesterton, stende Citati citando Gulisano (!)

Ribollita

Pietro Citati da anni sembra infatuato, sedotto da quel minestrone, continuamente ribollito, in ogni secolo, che si chiama gnosticismo e che già Ireneo di Lione, nel II secolo d.C., derideva come un pasticcio ridicolo di mitologie da strapazzo. Come nel minestrone - dove trovi zucchine, fagioli, cavolo, pane, pomodoro eccetera - anche lì è tutta una brodaglia dove galleggiano indistinti angeli e demoni, vangeli canonici e apocrifi, Bene e male, luce e tenebre, mistiche di tutti i tipi… Padronissimo Citati di farsi una indigestione di ribollita. Padronissimo pure di trasformare il più simpatico apologeta cattolico, Gilbert K. Chesterton in un triste gnosticone. Per questa spericolata operazione Citati (Repubblica 20/7) si appoggia a un suo romanzo, L’uomo che fu Giovedì, scritto peraltro 14 anni prima della sua conversione al cattolicesimo, dandone una interpretazione inverosimile. In realtà quel libro va letto piuttosto tenendo presente il dramma biblico di Giobbe, come mostra Paolo Gulisano in Chesterton e Belloc. In ogni caso c’è libertà di sbagliare e di proiettare le proprie idee sugli autori studiati. Ma c’è un mistero che Citati dovrebbe svelarci. Come ha fatto a intrufolarsi nel confessionale di Chesterton? Sì, perché nel suo articolo si trova questo stupefacente passaggio: «(Chesterton) aveva rispetto per Satana e per i messaggeri di Satana. Trovava il male molto più divertente del bene, sebbene non lo abbia mai confidato al suo confessore». Che fa Citati, origlia? Non si sarà spinto troppo oltre con la fantasia?

www.antoniosocci.it

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