giovedì 15 dicembre 2016

Chesterton, il Papa, giacchette e citazioni - a questo punto 5...

Mentre mettevo la ripresa di Andrea Monda della questione in oggetto, ecco che mi arriva l'articolo di Fabio Trevisan su Riscossa Cristiana, che riprende sia nell'argomento che nella diretta citazione il qui presente ring. A questo punto siamo grosso modo al quinto round, senza contare commenti...

Marco Sermarini

CHI STA STRUMENTALIZZANDO CHESTERTON?

"Ho sempre avuto un forte senso di repulsione intellettuale nei confronti del modernismo, anche prima di convertirmi al cattolicesimo"

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Nel 1929 Chesterton in "The Thing: why I am a Catholic" (Perché sono cattolico) affermava inequivocabilmente che, ancor prima della sua conversione al cattolicesimo, detestava profondamente il modernismo. Durante la frequentazione trentennale del grande scrittore inglese mi sono sentito in obbligo di scrivere alcuni libri su di lui, di presentarlo in numerose conferenze in varie parti d'Italia, ma mai mi era capitato, come in questi tristi tempi, di difenderlo dalle strumentalizzazioni di chi invece reputa che ad essere strumentalizzato sia proprio lui contro il Papa (vedi Monda su Avvenire). Ho già affermato di "dare a Chesterton quel che è di Chesterton ed a Bergoglio quel che è di Bergoglio" e, detto francamente, ritengo un onore non dover scrivere sul quotidiano della CEI. Mi ritengo fortunato a non dover condividere una linea culturale che reputo dannosa per il cattolicesimo; mi ritengo pure libero di dare a Chesterton quel che è di Chesterton e non preoccuparmi di dover difendere Bergoglio, piuttosto cercando di restituire a lui a quel che è di Bergoglio.

Andrea Monda mi chiede (vedi il ring chestertoniano sul blog dell'uomo vivo) argomentazioni che confutano l'insensata pretesa di usare Chesterton contro il Papa. Innanzitutto mi chiedo: "Chi sta strumentalizzando Chesterton?". Rispondo: "Anche Andrea Monda". Le mie argomentazioni oggettive, fondate sui testi partono da una considerazione falsa di Monda (vedi articolo del 6 dicembre 2013), nella quale scriveva: "Questi "affossatori in nome di Chesterton" mi ricordano quegli intellettuali di cui parla lo scrittore inglese, che non so se amasse la ragione ma certo diffidava dell'intelletto". A parte il fatto che questi presunti "affossatori" non sono assolutamente da equipararsi a quegli intellettuali del XIX secolo, credo che sia demenziale e anti-chestertoniano arrivare a dubitare della ragione e dell'intelletto in Chesterton. All'inizio di "Perché sono cattolico" il saggista inglese esordiva letteralmente così: "La difficoltà nello spiegare perché sono cattolico consiste nel fatto che vi sono diecimila ragioni, tutte riconducibili ad un'unica ragione: che il cattolicesimo è vero". Ribadisco: diecimila ragioni! Mi sembra davvero paradossale che non si percepisca l'importanza della ragione e della difesa dell'ortodossia in lui. Ecco un altro brano, che si può leggere in qualche riga successiva: "La Chiesa non è solo armata nei confronti delle eresie passate o, persino, presenti, ma anche nei confronti di quelle future, che potranno configurarsi come l'esatto opposto di quelle attuali". Il riferimento al mondo intellettuale a cui Monda allude (per colpire, secondo lui, gli anti-bergogliani) è esattamente l'opposto di quello che intendeva Chesterton. Leggiamo oltre la breve citazione che Monda ha tratto dal breve saggio: "Ostinatamente ortodosso""E' da qui che deriva la confusione tra intelletto e intellettualismo…".

Monda non ha precisato, come avrebbe dovuto, che a Chesterton interessava distinguere tra l'intelletto e l'ideologia dello stesso, ossia l'intellettualismo. Chesterton non si è mai preoccupato (al contrario di Monda) di difendere le ragioni del cattolicesimo guardando se al Papa o a chi altro potesse andare più o meno bene. A Chesterton interessava, piaccia o non piaccia, la difesa delle verità e della Verità, che aveva incontrato nel cattolicesimo e che reputava anche (ma non solo) un'esperienza personale: "Potrei trattare perché sono cattolico da un punto di vista personale e descrivere la mia conversione". Egli sapeva distinguere tra verità oggettive legate alla ragione e all'intelletto da quelle personali, molto importanti, da dedicarci un ulteriore capitolo: "Le mie sei conversioni". Reputo banale il tentativo di separare la convinzione profonda delle ragioni del cattolicesimo da quelle dell'esperienza personale coinvolgente e gioiosa. Non esiste un Chesterton gioioso separato da un Chesterton dottrinale, dogmatico, appassionato della Verità. A lui interessava primariamente la capacità della Chiesa cattolica di salvaguardare la verità, come affermerà nell'opera "The Way of the Cross" del 1935: "Extra Ecclesiam nulla salus. La Chiesa cattolica è la sola capace di salvare l'uomo dallo stato di schiavitù in cui si troverebbe se fosse soltanto il figlio del suo tempo".

Gilbert non è quindi soltanto un campione della gioia, dell'umorismo e del paradosso ma, come ricordava l'amico Hilaire Belloc, usava lo strumento del paradosso per ammaestrare, per illuminare, per far ragionare. Non si può anteporre nemmeno la tradizione alla conversione né tantomeno sviluppare l'una a scapito dell'altra. Sono operazioni poco rispettose del reale significato che Chesterton dava all'una e all'altra. Chiedendosi: "L'umanesimo  è una religione?", Chesterton rispondeva nel 1929 così: "Bisogna appellarsi alle realtà veracemente umane: la volontà cioè la morale, la memoria cioè la tradizione, la cultura cioè il retaggio intellettuale dei nostri padri". Per quanto riguarda la corrispondenza dell'uomovivo Innocent Smith con Papa Francesco (creduta da Andrea Monda) mi sembra addirittura incredibile se non fosse che Monda in quell'equivalenza volesse colpire, come lui dice i saccenti, i polemici, i dottori della legge. Allora mi chiedo davvero: "Chi sta strumentalizzando Chesterton?". Monda non ricorda o finge di non ricordarsi che l'uomovivo aveva puntato la pistola alla tempia del pessimista, dello scettico, non al cattolico che cerca di spiegare con la ragione e l'intelligenza della fede la validità perenne del dogma, dell'ortodossia, della tradizione. Certamente la "vita viene prima" ma la segue l'intelletto nel senso tomistico dell'adeguazione dell'intelletto alla realtà (realtà ontologicamente donataci dal Creatore), come asseriva Chesterton: "Più un uomo applica la propria razionalità alla realtà, più noterà che la realtà si mantiene tale quale è". Monda, nell'affanno di dimostrare i paralleli tra Chesterton e Bergoglio (operazione che ribadisco essere di scarso profilo culturale) scrive: "non si tratta di difendere ma di promuovere…sa che è la vita che trascina, non le parole…differenza tra annuncio e proselitismo…" e pone ciò che il grande Gilbert non avrebbe mai posto

Chesterton perentoriamente affermava, piaccia o non piaccia a Monda: "Ho quindi l'ardire di affermare, e, ritengo senza vantarmi eccessivamente, che sono rimasto legato a certi rapporti e tradizioni, non perché sono un sentimentale o un romantico, ma perché sono un realista. Perché mi rendo conto che la morale non può cambiare quasi fosse una moda". Monda afferma che Chesterton amasse il gusto del rischio e la paradossale umiltà: è vero, ma non disgiunto da ciò che Gilbert si prefiggeva e scriveva nel 1929: "Portando avanti una severa dogmatica mentre il mondo vaga nelle nebbie di un rozzo sentimentalismo". Chesterton quindi contro la misericordia? A sentire Monda: "Ciò che attira e trascina, del cattolicesimo è la misericordia, non la correttezza né la sapienza". Invito Monda ad ascoltare cosa davvero diceva Chesterton nel 1935: "Nel cuore della cristianità, nei vertici della Chiesa, nel centro di quella civiltà che chiamiamo cattolica, lì e in nessun movimento, né in nessun futuro, si trovano la stabilità del senso comune, le tradizioni veraci, le riforme razionali, che l'uomo moderno ha cercato di trovarle lungo tutto il cammino della modernità". Questo era il pensiero di Chesterton e a nulla vale piegarlo per qualsiasi altra operazione.

Credetemi: preoccupiamoci di dare a Chesterton quel che è di Chesterton.


Fabio  Trevisan

2 commenti:

Andrea Monda ha detto...

Sono d'accordo con Fabio Trevisan (nella mia risposta appena postata da Marco Sermarini su questo blog mi dilungo di più): non separiamo la verità dalla carità, la vita viene prima come efficacemente ricorda Trevisan. E' anche il pensiero del Papa: "la realtà è superiore all'idea". Siamo tutti d'accordo insomma, ma allora cosa c'era che non andava nel mio articolo? Ho solo riequilibrato il baricentro, tutto sbilanciato sul fronte della verità a scapito della carità (e quindi della gioia), ricomponiamo il puzzle, orsù! Proprio alla luce di questo post di Trevisan mi convinco che non c'è Papa più chestertoniano di Bergoglio, e non solo perchè sta lottando per la sua beatificazione!

Paolo Pegoraro ha detto...

Chesterton dice che si è convertito alla Chiesa cattolica perché era l'unica che poteva perdonare *realmente* i suoi peccati. E cosa altro è questa, se non la misericordia?