giovedì 25 maggio 2017

Esce Hobbitologia (Camelozampa Editore)

Dopo il grande successo di Potterologia, Marina Lenti, affiancata da Paolo Gulisano nella veste di continuity editor, propone una nuova antologia di saggi brevi su Lo Hobbit scritti da un dream-team di esperti del genere Fantastico. Gli autori osservano il romanzo d'esordio di Tolkien da dieci punti di vista originali, restituendoci così altrettante sfaccettature della sua bellezza e la purezza dello sguardo in trasparenza che amava tratteggiare il professore di Oxford quando si accingeva ad approcciare il mistero del Mondo Secondario. 

Paolo Gulisano, dopo un interessante excursus sulla genesi interiore del "linguaggio delle fate" durante il fecondo rapporto epistolare intrattenuto con la moglie Edith nel periodo della permanenza di Tolkien nelle trincee, utilizza la lente del romanzo di formazione per accostare la trasformazione interiore di Bilbo Baggins ad uno dei protagonisti principali dei cicli arturiani, Perceval: nato come semplice ragazzo di campagna, dopo l'incontro con i magnifici paladini di Camelot dovrà compiere un cammino impegnativo e ricco di prove che lo forgeranno per trasformarlo nel cavaliere per eccellenza nella Cerca del Sacro Graal. 

Cristina Donati illustra il forte legame esistente tra la valenza delle spade ne Lo Hobbit e il significato delle armi bianche a lama lunga nella mitologia norrena: strumenti di potere dal valore simbolico, esse stesse diventano protagoniste al pari dei personaggi, collaborando nel percorso di Bilbo Baggings da timido mezz'uomo ad eroe inusuale. E' infatti anche grazie alla scoperta dell'elfica spada ribattezzata 'Pungolo' che Bilbo riuscirà a sferrare un attacco letale alla oscura progenie di Ungoliant a Bosco Atro. 

Chiara Codecà ci trasporta in un viaggio dietro le quinte della produzione del film di Peter Jackson, liberamente tratto da Lo Hobbit: dallo stile iniziale di Guglielmo del Toro che coniuga attenzione al mondo onirico con atmosfere noir, alla scritturazione dell'attore Martin Freeman per il ruolo di Bilbo Baggins. Interessanti le motivazioni di Peter Jackson per la scelta indiscussa di Freeman, rafforzata anche dalla bravura dell'attore che riveste il ruolo di Sherlock nell'omonima serie televisiva, capace di passare magistralmente dal registro comico a quello drammatico con assoluta naturalezza. 

Silvana De Mari pone all'attenzione del lettore un particolare lato di Bilbo con cui Gandalf lo presenta per la prima volta ai Nani del Popolo di Durin: "scassinatore in cerca di lavoro, pieno di emozioni e  con ragionevole ricompensa, un esperto cacciatore di tesori". Riallacciandosi al passo del Vangelo di Matteo "A chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza", l'autrice di Hania ci fa notare come una delle doti più grandi che acquisisce Bilbo durante il suo viaggio sia la virtù del coraggio, unita ad una sana scaltrezza che lo aiuta ad essere flessibile quando serve il suo intuito per sbloccare la situazione. 

Marina Frammartino nel suo saggio breve sugli animali fantastici nello Hobbit si focalizza sul ruolo centrale della scena dell'assalto di  Smaug ad Erebor per dare senso all'impresa narrata nel romanzo, muovendo gli animi dei Nani capeggiati da Thorin e motivandoli a cercare lo scassinatore indicatogli da Gandalf. Gli animali, tanto amati da Tolkien, contribuiscono ad infondere consistenza al Mondo Secondario, aiutando il professore di Oxford a caratterizzare le forze del bene e quelle del male in gioco. Ad esempio, dalla parte delle forze della luce sono collocate le grandi aquile, che nella mitologia cristiana rappresentano Cristo nella battaglia contro il Tentatore e che nello Hobbit combattono gli orchi simboleggiando uno dei Cinque eserciti che arriva in soccorso di Gandalf e della "compagnia" degli elfi, uomini e nani.  

Pia Ferrara ci guida in un parallelo tra la figura cinematografica di Tauriel, interpretata dall'attrice Evangeline Lilly, e l'artificio letterario di Mary Sue, proposto per la prima volta nella serie televisiva dell'Universo di Star Trek, come eroina perfetta ed idealizzata che interviene per salvare la situazione ma non si accattiva la simpatia degli spettatori in quanto priva di difetti o imperfezioni. La domanda che si pone l'autrice del saggio breve è se la funzione di Tauriel, non presente nel romanzo di Tolkien, sia una figura femminile che possiede un ruolo indipendente come quella di Galadriel, oppure venga utilizzata per venire in supporto ad altri personaggi minori. 

Livia Rocchi ci fa compiere un viaggio ideale negli elementi della letteratura per l'infanzia riscontrabili anche nel racconto dello Hobbit, per capire quali valori può proporre ai ragazzi di oggi rendendolo un'opera capace di entrare in dialogo con la vita dei giovani lettori. Una delle prime evidenze sottolineate nel saggio breve è la duplice anima di Bilbo Baggin, in cui ogni ragazzo può confrontarsi: una temeraria e avventurosa, come quella spinta interiore che lo porterà ad intraprendere un viaggio fuori dalle comodità della sua casa hobbit mettendosi profondamente in discussione, e l'altra più casalinga ed amante della tranquillità e del buon cibo, ricalcando la struttura circolare "casa-lontananza-casa" tipica delle fiabe popolari. 
Marina Lenti inizia il suo saggio breve con questa calzante citazione: "Se più persone intorno a noi tenessero cibo e buonumore e canto in maggior considerazione rispetto all'oro accumulato, avremmo un mondo più felice". L'amore degli Hobbit per il cibo emerge da queste parole di Thorin Scudodiquercia rivolte all'amico Bilbo, che proprio con una tavola e una dispensa traboccanti di leccornie lo accoglie insieme agli altri Nani in casa Baggins. Tolkien trae ispirazione dalla valenza sociale che la tradizione culinaria assume nei miti nordici del suo amato poema Beowulf, come nelle descrizioni delle grande sale delle regge di Heorot e di Hygelac re dei Geati, in cui i guerrieri trovavano ristoro dalle battaglie allietati dalla buona cucina, canti e racconti intorno al fuoco. 

Paola Cartoceti ci aiuta a capire i percorsi che hanno guidato la trasposizione cinematografica dell'opera letteraria de Lo Hobbit nel film diretto da Peter Jackson, evidenziando lati positivi e negativi della produzione e delle scelte operate dal regista. Viene sottolineato come ad una prima visione la trasposizione del libro in tre film comporti un'eccessiva ridondanza del ritmo e delle digressioni, che un editing rigoroso avrebbe evitato con il taglio di scene inutili o con scene d'azione esagerate. Un pregio invece del regista risulta l'inserimento della trama dello Hobbit nel contesto più ampio delle Appendici del Signore degli Anelli e dei Racconti incompiuti, inserendo le scene del Bianco Consiglio e del Negromante di Dol Guldur per dare un più respiro all'opera cinematografica. 

Chiara Valentina Segrè osserva il rapporto tra fantasia e realtà nella genesi delle opere di Tolkien con l'occhio della biologa e con una sensibilità da etologa, riscontrando degli interessanti paralleli tra le creature fantastiche che popolano l'ambientazione de Lo Hobbit con specie realmente presenti in natura e i loro comportamenti sociali. Lo sapevate, ad esempio, che il drago Smaug esiste realmente, anche se in una versione in miniatura? Si tratta dello Smaug Giganteus o cordilo gigante, una lucertola che può arrivare anche alla ragguardevole lunghezza di 40 centimetri, rivestita di una vera e propria "armatura" fatta di placche e di spine sulla testa e sulla coda. Nel nome un chiaro omaggio al mondo del professore di Oxford, in quanto il verbo "smeugan" nella lingua germania alluderebbe al concetto "in un buco", come il ventre della Montagna che ospita l'omonimo drago che accese la fantasia di Tolkien.


Donatella Cerboni

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